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venerdì 17 giugno 2011

Pietravairano . Il tesoro dimenticato


Pietravairano. Se avete gambe robuste e soprattutto tanta voglia di giocare alla macchina del tempo, non potete lasciarvi sfuggire l’occasione di calarvi in un’atmosfera schiettamente medievale come quella assicurata dal borgo antico di Pietravairano, che si adagia ad anfiteatro sul costone orientale del Monte Caievola. Il suo nome deriva dall’antica denominazione della Terra della Pietra «prope Vairanum» composta di pietra (roccia, masso e simili), che si deve all’ambiente naturale in cui è sorto il paese, e da Vairano, specificazione derivata dal nome dalla vicina Vairano Patenora. Ed in questo piccolo centro dell’alto casertano, a pochi chilometri dall’uscita di Caianello dell’A 1, su quella collina, tra il X secolo e la prima metà dell’XI, i primi abitanti di questo insediamento vi eressero la propria città, a partire dall'altezza dell’attuale via Guglielmo Marconi. Un vecchio nucleo altomedioevale successivamente sviluppatosi lungo la stradina che conduceva in cima e che oggi ha conquistato la pianura sottostante. Ed è sempre emozionante avviarsi su per scale e stradicciole per attraversare questa rocca alla cui sommità si staglia l’inconfondibile sagoma del torrione cilindrico del castello, simbolo del paese e meta finale quanto ambita dell’irto percorso.

In origine l'agglomerato medievale di Pietravairano era racchiuso da una parziale cinta muraria, parziale perché nella parte orientale ci si affaccia su un costone roccioso naturale sufficientemente alto da garantire un rassicurante livello di inaccessibilità. Al contrario della parte occidentale, quella rivolta all’attuale centro urbano, dove fu necessario edificare un sistema difensivo di fortificazione costituito da robuste mura alternate da torrioni di forma rotonda, a ridosso delle porte. E’ plausibile infatti che, vista la particolare struttura morfologica del territorio dovesse esistere un accesso al borgo in prossimità della Porta Vigna, anche se alcuni studiosi locali preferiscono sostenere l’ipotesi di un accesso ancora più antico dalla Porta delle Grotte. La cinta muraria si può far risalire al XII secolo in relazione con la notizia che nel 1129 fu costruita la chiesa di San Martino, dove è poi sorta la chiesa di Sant’Eraclio, sicuramente collocata all'interno del paese. E così alle già citate Porta Vigna e Porta delle Grotte, si aggiunse ovviamente la cosiddetta «Portella», una piccola porta ancora oggi esistente e di facile accesso verso il borgo.

Una volta dentro, quindi, è possibile avventurarsi salendo e soffermandosi di fronte ai vecchi edifici in pietra ricoperti da tetti a spiovente con i classici coppi di creta, appollaiati su speroni di roccia e punteggiati da spruzzi di vegetazione spontanea, impreziosita in primavera dalla presenza di piccoli fiori selvatici in giallo e in viola. Uno spaccato di straordinaria architettura appenninico-meridionale, spunto per i tanti presepi che a Natale anche in queste zone vengono confezionati con la cura e la passione di sempre. Luoghi un tempo abitati e destinati a incrementi demografici che spinsero via via alla costruzione di altre porte, a partire dal XIII secolo, con quella del Cauto (Guardiano), che permetteva un accesso facilitato nella zona dell'attuale via Trivio o successivamente, nel XVI secolo, con le ultime tre porte: Porta Sant’Andrea, San Sebastiano e Portanova, che permettevano l'accesso ai Quartieri extra moenia. Giunti infine alle cortine del castello in cui si aprono due porte, una dal lato del paese e l’altra verso la montagna, vi troviamo all’interno la già citata torre a forma cilindrica e una piccola Cappella dedicata alla Santa Croce (e al cui interno c’è ancora una lunetta con una più tarda deposizione dipinta di fattura popolare), che un tempo fungeva da punto di avvistamento su tutta la piana circostante, un panorama a perdita d’occhio che va da Venafro, già in territorio molisano, ad Alife e all'antica Via Latina, ribattezzata Casilina proprio nel medioevo. Da notare infine le grandi cisterne sotterranee per raccogliere e conservare l’acqua piovana, e il carcere locale, lì ubicato e protetto. Stefano de Stefano

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