CASERTA - Un 35enne muore su una barella dell’ospedale di Piedimonte Matese. Per dodici ore nessuno si accorge di lui. Sarà scoperto, cadavere, giorno successivo, poco dopo mezzogiorno, grazie a un operatore del pronto soccorso incuriosito da quell’uomo disteso, da troppe ore, su una barella all’interno di una sala attigua all’unità operativa d’emergenza. Eppure del «dormiente» si parlava già da ore nei reparti della struttura sanitaria di Piedimonte Matese. In molti avrebbero visto quell’uomo steso sulla barella. In molti lo avrebbero guardato e sarebbero passati oltre pensando che stesse dormendo. Fino a quando ieri mattina non è arrivato un operatore del pronto soccorso: ha provato a svegliarlo scuotendolo ma l’uomo non si muoveva più. Il corpo di Giuseppe Magliocca, residente a Pignataro Maggiore, è stato trasferito, martedì pomeriggio, su ordine della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, all’Istituto di Medicina legale di Caserta. Saranno gli esami autoptici a fare luce sulle cause del decesso del 35enne. I genitori si rivolgeranno ai carabinieri affinché venga fatta piena luce sulla vicenda.
IL MALORE - È cominciato tutto l’altra notte, poco dopo le ventiquattro. Giuseppe Magliocca, dopo la visita a un amico, si sarebbe sentito male nel piazzale antistante la stazione ferroviaria matesina. È lui stesso a chiamare il 118: i medici arrivano nel giro di pochi minuti. Quando i medici lo soccorrono l’uomo è cosciente, cammina da solo, riesce a portarsi dietro anche una borsa. Accusa forte nausea, parla con i camici bianchi ai quali spiega quello che ha fatto nelle ultime ore, cosa ha mangiato e bevuto. In pronto soccorso viene visitato e sottoposto a una serie di esami. I medici vorrebbero ricoverarlo ma lui non sembra convinto, così dopo qualche ora chiede e ottiene di essere dimesso.
LA BARELLA - Giuseppe però non lascia la struttura ospedaliera ma si adagia su una barella parcheggiata in una stanza vicinissima al pronto soccorso. Passano le ore ma nessuno si accorge di lui. Probabilmente perde conoscenza senza avere nemmeno più la forza di chiedere aiuto. Resta tutta la notte su quella barella che diventerà anche il suo loculo. Giuseppe era l’ultimo di tre figli, l’unico maschio; il padre Salvatore ora in pensione, era un valido artigiano. Presso l’ospedale matesino si dicono sereni e sicuri di non aver trascurato nulla.
I MEDICI «PROCEDURA CORRETTA» - «Sono sicuro — precisa Alessandro Accinni, direttore sanitario — dell’attuazione corretta delle procedura da parte del personale della nostra struttura. In ogni caso bisognerà attendere l’esito dell’esame medico-legale per poter capire a fondo la vicenda e i motivi che hanno determinato la morte dell’uomo. Comprendiamo ovviamente il dolore della famiglia». L’episodio, seppur ancora tutto da chiarire, fa riemergere la difficile situazione in cui versano i servizi sanitari nell’area del Matese e dell’Alto Casertano.
SOS CASERTANO - Per i residenti dei 35 comuni dell’area ammalarsi è un lusso. Dopo la chiusura dell’ospedale di Teano resta attiva solo la struttura di Piedimonte Matese, un ospedale che dovrebbe garantire servizi e assistenza ad una vasta zona e che invece vive frequenti criticità dalle quali scaturiscono pesanti disservizi per l’utenza. I residenti, per curarsi, sono costretti a continui pellegrinaggi verso le strutture del Molise, del Lazio oppure verso il capoluogo di Terra di Lavoro. Non è bastata una sentenza del Tar, confermata poi dal Consiglio di Stato, che imponeva all’Asl di incrementare i presidi e il personale sull’intero territorio. Dopo la chiusura dell’ospedale di Teano (unico in provincia di Caserta a possedere tutte le certificazioni di sicurezza previste dalle legge) si riducono ulteriormente i posti letto per la popolazione dell’Alto Casertano.
EMERGENZA CONTINUA IN PROVINCIA - Ora, è disponibile poco meno di un posto letto per ogni 1000 abitanti. La media regionale è invece di 3,2 posti letto per 1000 abitanti. Una media che sale ulteriormente per il capoluogo partenopeo. Il costante affanno in cui versa la sanità pesa non solo sugli utenti ma anche su tutto il personale medico ed infermieristico, costretto a lavorare in emergenza continua. Condizioni in cui può anche accadere che, per circa dodici ore, nessuno s’accorga di un uomo morto su una barella.
Giancarlo Izzo (dal Corriere Del Mezzogiorno)
Nessun commento:
Posta un commento