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sabato 7 febbraio 2009

Piedimonte Matese: a ottobre il processo per il suicidio in una casa famiglia

PIEDIMONTE MATESE – E’ stato rinviato al prossimo ottobre, il processo a carico di Amelia Izzo e Giuseppe Musco. I due, in qualità di responsabili di una casa famiglia sono finiti sotto processo perché – in qualche modo – ritenuti responsabili del suicidio di una ragazza ospite della stessa struttura, con sede in San Potito Sannitico. Il rinvio, stabilito ieri durante l’udienza presieduta dal giudice Severino Antonucci, si è resa necessaria per un vizio di forma nella formulazione del capo di imputazione. Infatti, così come ha fatto notare l’avvocato difensore degli imputati, nello specificare il capo d’accusa, la Procura avrebbe omesso di citare, esattamente gli articoli del codice penale che sarebbe stati violati. Per questo motivo i legali di Izzo e Musco chiedevano la regressione del processo innanzi al giudice per le indagini preliminari. Dopo una breve camera di consiglio, il giudice Antonucci, invece, ha deciso di rinviare il processo al prossimo ottobre e, nel frattempo, notificare ai due imputati, non presenti in aula, nuovamente i capi di imputazione. La storia prende avvio nel 2005, quando Filomena Olisterno e una sua compagna – entrambi giovanissime ospiti della casa famiglia di San Potito Sannitico – decisero di tentare il suicido ingerendo una massiccia dose di farmaci. Mentre l’amica riuscì a salvarsi, Olisterno, purtroppo morì. Scattò una indagine della procura della Repubblica che scandagliò molti aspetti di quella casa famiglia e della vita che in essa conducevano gli ospiti. Fra le altre cose, sarebbe emerso che le due ragazze erano utilizzate per incontri “particolari” con uomini del posto. In cambio ricevano denaro oppure promesse. Se si rifiutavano subivano dure punizioni. Gli imputati hanno sempre rigettato con forza ogni accusa, evidenziando, in ogni occasione, che la verità verrà a galla durante il dibattimento. Insomma, una vicenda complicata che dovrà essere affrontata nei minimi dettagli durante il dibattimento che riprenderà il prossimo ottobre. Qualche mese prima del suicidio della giovane Olisterno, una succursale della casa famiglia “Sos Adolescenza” - sita a Vairano nella frazione Scalo – fu chiusa per ordinanza dell’allora sindaco, Massimo Visco. Secondo un rapporto fatto allora dai servizi sociali e dalla Procura, fra le altre cose, sussistevano la mancanza di cura per i servizi igienici, minori spostati come pacchi postali, un solo dipendente costretto a lavorare per 24 ore, finestre chiuse con catenacci, mancanza di sapone o altro per l’igiene dei ragazzi che erano costretti a comprare tutto di tasca propria. Questo spinse il primo cittadino a disporre la immediata revoca di ogni autorizzazione concessa alla struttura.

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