TEANO – Di giorno svolgeva ogni tipo di lavoro, di notte doveva “accondiscendere” – suo malgrado - anche alle “ particolari esigenze” del suo “padrone”. Per circa dieci anni, ogni notte, dopo essere stata umiliata e abusata, lei, giurava a se stessa di voler denunciare il suo carnefice; al mattino però non trovava il coraggio di andare dai carabinieri. Per lei, 34enne di origine romena, quel lavoro era troppo importante perché necessario per racimolare il denaro utile ad assicurare le cure al suo unico figlio, rimasto in Romania, affetto da una grave patologia. Per questo Andrada, quando aveva appena 23 anni, era venuta in Italia, clandestinamente, grazie alla complicità di una sua amica che già da qualche tempo lavorava come badante nel casertano. Proprio il suo stato di clandestinità le ha impedito di chiedere ed ottenere giustizia. Denunciare gli abusi e le violenze subite, significava essere automaticamente rimpatriata. Lei non poteva permetterselo. Perciò, per molti anni ha lavorato subendo qualsiasi prevaricazione. Ancora oggi, dopo aver cambiato lavoro e dopo aver portato in Italia il marito e il figlio, la donna non trova il coraggio di denunciare il proprio aguzzino. Andrada ha paura della giustizia, dei processi, delle ritorsioni. Preferisce tacere. In tanti anni non ha mai raccontato nulla a nessuno, mai una confidenza con qualcuno. La svolta è arrivata pochi giorni fa, quando la signora dove da circa un anno Andrada lavora, ha scorto l’inquietudine nell’animo della badante. Per la prima volta Andrada si è “fidata” e in un lungo sfogo ha raccontato la sua terribile esperienza. La signora italiana, dopo aver ascoltato, ha tentato di convincere Andrada a denunciare ogni cosa ai carabinieri. Inutilmente. Però questa confidenza potrebbe rappresentate il primo passo di un percorso che potrebbe concludersi con la denuncia del colpevole. “Preferisco dimenticare questa triste vicenda della mia vita - afferma Andrada - non sarà facile, ma spero di riuscirci. Ora che ho qui con me mio marito e mio figlio, sarà più facile. Arrivai in Italia, di notte, dopo un viaggio durato alcuni giorni, insieme ad altre ragazze, stivata nel cassone di un Tir. Il giorno dopo ero già a casa della famiglia presso la quale dovevo lavorare. Essenzialmente – precisa la donna – per una paga di circa 400 euro al mese, dovevo occuparmi della signora che era nel letto, inferma. Per alcuni giorni tutto andò bene. Ben presto – continua Andrada - il marito iniziò a maltrattarmi, a importunarmi. Poi, una notte, entrò nella mia stanza e minacciandomi abusò di me. Quella notte, prima di lasciare la mia camera, quell’uomo mi ricordò che se avessi parlato mi avrebbe tagliato la testa e sepolta nella vigna.” Le violenze, come ci racconta la donna, sono poi continuate per tantissimo altro tempo. Andrana rappresenta l’altra faccia di quella medaglia che vede spesso gli extracomunitari in veste di stupratori e di “bruti” capaci di qualsiasi efferatezza.
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