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martedì 12 luglio 2011

Rocchetta e Croce - La cima del Monte Maggiore come una discarica abusiva. Grazie alla SMA




ROCCHETTA E CROCE – Rifiuti speciali dimenticati sulla cima del Monte Maggiore. Non bastano 1037 metri sul livello del mare e un solo – durissimo – sentiero percorribile a piedi, per poter restare un luogo incontaminato. Cavi elettici, tubolari in gomma e in ferro, polistirolo, due strutture in lamiera zincata, decine di pali d’acciaio conficcati nella roccia, decine di grossi accumulatori elettrici al cui interno resta il pericolosissimo acido solforico. Sono i “rifiuti” lasciati in dote dopo che la Sma (società che per conto della regione gestisce il servizio antincendio forestale) ha dismesso un impianto automatico per la rilevazione degli incendi. Una struttura che nel 2005 aveva deturpato, senza esitazione, la cima più alta e più suggestiva della catena del Monte Maggiore anche attraverso la realizzazione di una piazzola di sosta in cemento armato utile per l’atterraggio degli elicotteri utilizzati per il trasporto dei materiali necessari alla realizzazione dell’impianto. Un impianto che venne realizzato nonostante le proteste delle associazioni ambientaliste. Praticamente dopo la realizzazione e la dismissione dell’impianto Sma, la cima del Montemaggiore non esiste più. Per anni sulla cima ha trovato posto un impianto fotovoltaico per generare energia elettrica, due ripetitori radio e una telecamera mobile retta da un grosso traliccio. Non occorre essere “ambientalisti convinti” per capire che quanto venne realizzato su Pizzo San Salvatore, rappresentava un qualcosa di particolarmente grave, un autentico sfregio all’ambiente e una minaccia per la fauna. La cima venne quasi completamente occupata da un enorme pannello solare che serve per alimentare un sistema di telecamera mobile. Il danno maggiore – secondo gli ambientalisti - lo subirono gli animali che abitualmente vivono in quei luoghi, costretti ad allontanarsi. Infatti, un rumore costante e penetrante si diffondeva in tutte le valli sottostanti. Era la telecamera mobile a causarlo. Il motore che ne determinava il movimento non era proprio dei più silenziosi. Proprio questo rumore ha probabilmente, determinato la fuga delle aquile minori, delle poiane e dei bianconi che non volteggiano e non nidificano più in quei luoghi. L’impianto su Pizzo San Salvatore venne realizzato dalla Sma e doveva servire per avvistare e segnalare gli incendi boschivi. Purtroppo, da quel punto è possibile controllare solo una piccola parte della catena montuosa. Altri impianti simili, in altre zone, infatti, vengono realizzati a valle in modo da ottenere una visione più completa della zona da sorvegliare. Con la dismissione dell’impianto la Sma poteva ripristinare i luoghi e restituire l’antico fascio alla vetta. Purtroppo non sembra essere andata così: sono state portate via, a valle, le attrezzature più costose e quelle riutilizzabile, tutto il resto, invece, è rimasto sulla cima. La presenza di rifiuti speciali sulla sommità di uno degli ultimi polmoni verdi di tutta Terra di Lavoro diventa fonte di preoccupazione per tanti ambientalisti. Giancarlo Izzo

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